Potrei lanciarmi in una lunga panoramica sui suoi album e sul suo modo di improvvisare, ma preferisco regalarti un mio ricordo. Era il preistorico 1989 e, da bravo 15enne chitarraio che cercava di guadagnare punti spostando la sua attenzione da Bon Jovi verso i guitar hero, la fusion e il jazz, decisi che non potevo continuare a ignorare a lungo chi fosse Patrick Bruce Metheny, l'uomo dalla maglietta a strisce, l'ex bambino prodigio che a 19 anni convinse Gary Burton a farlo suonare nella sua band. Con altri due amici post-puberali acquistai un biglietto per andarlo a vedere in quello che allora tutti chiamavano PalaTrussardi. Ci sedemmo sulle gradinate e il mio tagliandino cadde in fondo al groviglio di tubi che ne costituivano l'ossatura. "Peccato", pensai, "volevo conservarlo". Cinque minuti dopo uscì sul palco uno dell'organizzazione (Barley Arts) che disse: "Pat Metheny è stato male e l'hanno portato al pronto soccorso, tenete i biglietti che la data verrà recuperata alla fine del tour". Fui allora costretto a improvvisarmi "Tarzan-dei-tubi-di-acciaio-zincato" e mi calai giù fino a recuperare il biglietto perduto. Un mese dopo tornammo e fui folgorato dal brano di inizio del concerto: "Phase Dance". Decisi all'istante che lo amavo. Scendemmo dalle gradinate per andare ad applaudirlo sotto il palco e ricordo che incrociai lo sguardo di un Lyle Mays (piano, keyboards) riconoscente. Da allora al 1996 non ho più perso un suo concerto. Pat Metheny è gli spazi aperti del Missouri fatti musica, oltre che cromatismi danzanti, oltre che il meglio che si può tirar fuori da una Gibson ES 175. Parlano per lui il terrificante break di "Third Wind"
http://it.youtube.com/watch?v=zF1VMAAmvIs
o la faraonica "First Circle" con il suo handclap in battute alternate di 10/8 e 12/8 e il tema così trascinante
http://it.youtube.com/watch?v=NgeqRSey1Nw
i passi dei maestri itineranti di New Chautaqua, Bright Size Life, le mille collaborazioni, soprattutto quelle con John Scofield, contraltare ruvido alla sua morbida pennata...
Quel biglietto di cui scrivevo all'inizio ce l'ho ancora. A distanza di tanti anni ogni tanto lo guardo e penso che se oggi sto ancora qui a insistere sul segreto della serenità interrogando sei corde d'acciaio è perché ho incontrato diversi numi tutelari. Lui è stato uno dei primi.